lunedì 30 maggio 2016

I 10 film di Cannes più attesi (da me)


Ken Loach, vincitore della Palma d'oro, con i due protagonisti di "I, Daniel Blake"

Il Festival di Cannes edizione 2016 è ormai in archivio, ma per chi come me non ha potuto viverlo in prima persona e si è dovuto limitare a raccogliere voci, impressioni e giudizi di seconda mano, inizia ora la vera sfida: capire se e quanti film riusciremo a vedere dalle nostre parti, quali pellicole più o meno attese da noi appassionati approderanno sul suolo italico (venendo distribuiti nelle solite due o tre sale, questo va da sé) e quali invece resteranno relegate ai circuiti sotterranei, per la gioia dei palati più snob o underground. 
Ho pensato quindi di fare questo giochino e di proporvi una lista dei 10 film più attesi dal sottoscritto tra quelli che sono stati presentati a Cannes 69, in concorso o nelle altre sezioni (su tutte Un certain régard, che per uno schizoide amante del World cinema o dei titoli più alternativi come me, riserva sempre piatti succulenti).
Ben consapevole che molti di questi titoli non riuscirò mai a recuperarli in tempi brevi, e presto mi usciranno di mente e si perderanno nei meandri della mia lista infinita di film da recuperare, ecco le pellicole e gli autori che hanno destato il mio interesse e mi hanno fatto drizzare le orecchie durante i dieci giorni di Festival.



10. La Pazza Gioia / Fiore

Togliamoci subito il dente avvelenato: quest’anno la presenza del cinema italiano a Cannes, dopo l’ottima tripletta della passata edizione con Garrone, Moretti e Sorrentino contemporaneamente in concorso, è stata un po’ scarsina e sinceramente non è che i pochi film presenti mi abbiano suscitato una grande curiosità. Per questione di completezza, voglio però citare un paio di titoli dei quali ho sentito parlare molto bene e che potrei tranquillamente recuperare nei prossimi mesi, sperando che possano sorprendere in positivo come il nostro cinema sta già facendo negli ultimi tempi.
Si tratta de La pazza gioia di Paolo Virzì, del quale pur senza gridare al miracolo ho sempre apprezzato abbastanza tutti i film che ho visto fino ad ora, e di Fiore di Claudio Giovannesi che almeno in apparenza sembra essere un progetto parecchio interessante (girato nel carcere minorile dell’Aquila con attori non professionisti che sono adolescenti veri “ospiti” della struttura).







9. American Honey / I, Daniel Blake

Ma non dovevano essere i 10 film più attesi? Avete ragione, ho già sforato alla grande inserendo quattro film alle due posizioni più basse della classifica. Passatemi la licenza, la verità è che ho voluto inserire almeno un rappresentante per ogni scuola cinematografica (italiana, anglofona, francofona, europea, orientale, americana), anche se i veri film che attendo con smania sono piuttosto quelli ai primissimi posti. 
Apriamo allora la parentesi dedicata al cinema British. Di Andrea Arnold ho visto Fish Tank, con un Michael Fassbender ancora sconosciuto ai più, e mi era piaciuto parecchio il ritratto che la regista aveva fatto della gioventù di periferia dei quartieri popolari britannici. Quindi qualche curiosità la nutro anche per questo American Honey, dove l’occhio della macchina da presa si sposta sui giovani della provincia americana, in una storia on-the-road che vede anche la partecipazione di Shia LaBeouf.
Per quanto riguarda Ken Loach, niente da dire sul suo cinema realista ed essenziale, che tratta sempre temi sociali di una certa rilevanza e attualità. Forse i suoi ultimi film non sono al livello dei precedenti capolavori, ma una visione alla Palma d’oro I, Daniel Blake non la si nega di certo.









8. Captain Fantastic / IL GGG - il grande gigante gentile

Archiviamo subito anche la pagina dedicata al cinema americano, ai big money di Hollywood. I grandi film a stelle e strisce non sono certo quello che cerco in un Festival europeo come Cannes, ma per non fare troppo il finto intenditore snob e radical, cito due pellicole che potrebbero rivelarsi non tanto male. Captain Fantastic di Matt Ross con protagonista Viggo Mortensen mi sa tanto di pellicola indie in pieno stile Sundance, una visione che potrebbe rivelarsi leggera e piacevole senza scadere nella banalità. Più che il nuovo film di Woody Allen o quello dell’accoppiata George ClooneyJodie Foster, attendo poi con un pizzico di curiosità Il GGG – Il grande gigante gentile, non tanto per il regista o il genere (non sono infatti un fan di Spielberg, né del fantasy) quanto perché stiamo pur sempre parlando di Roald Dahl, dunque non potrà essere così male, no?












7. La Tortue Rouge (The Red Turtle)

Il regista di questo film d’animazione premiato nella sezione Un Certain Régard (da cui proviene anche Captain Fantastic) è l’olandese Michaël Dudok de Wit, autore di corti animati più volte candidati agli Oscar (ha vinto la statuetta nel 2001 con Father and Daughter), ma ciò che rende La Tortue Rouge imperdibile è la produzione franco-nipponica. Il film è stato infatti realizzato con la collaborazione dello Studio Ghibli di Hayao Miyazaki, e almeno in apparenza sembra rispettare appieno le atmosfere poetiche e delicate dei film del maestro. È la storia, priva di dialoghi, di un naufrago che si ritrova su un’isola deserta popolata da strani animali, tra i quali spicca una gigantesca e misteriosa tartaruga rossa… Speriamo arrivi presto in Italia!






6. The Salesman

Ecco, qui entriamo in territori amati dal sottoscritto. Cinema iraniano, ultimo film di Asghar Farhadi, autore di Una separazione che ho amato alla follia ed è secondo me uno dei film più importanti di questo inizio di terzo millennio. In realtà avevo già conosciuto ed iniziato ad apprezzare Farhadi con About Elly, e anche se col suo ultimo Il Passato mi aveva dato l’impressione di ripiegarsi un po’ su formule e strutture già collaudate (sembra essere uno di quei registi bravi a fare un certo tipo di film e solo quello) questo The Salesman, ispirato a Morte di un commesso viaggiatore sembra avere tutte le carte in regola per colpire nel segno. Ovviamente ha vinto, manco a dirlo, il premio per la sceneggiatura, da sempre punto forte del cinema neorealista e minimalista del regista. Storie semplici con dialoghi serrati e realistici, confronti verbali tra personaggi che rivelano tutte le loro fragilità e meschinità, drammi famigliari che diventano thriller tesissimi, mostrandoti la contraddittorietà e complessità dei rapporti umani e come la verità abbia sempre molteplici facce e versioni. Non vedo l’ora di gustarmelo…





5. The Handmaiden

Autore tra i più attesi quest’anno sulla Croisette dai cinefili di tutto il mondo, il coreano Park Chan-wook torna a girare in patria dopo l’esperienza hollywoodiana di Stoker. Di lui ho visto solo Oldboy, il film più conosciuto e vero e proprio cult degli anni duemila. Mea culpa, dovrei recuperare tutta la sua filmografia al più presto, lo so. In ogni caso non si può dire che questo The handmaiden, che sembra richiamare atmosfere e temi tipici dell’autore e di un certo cinema orientale e sudcoreano non susciti una certa curiosità…






4. Juste la fin du monde (It's only the end of the world)

Arriviamo ad un altro grande amore, il cinema francese. Avrei potuto mettere in classifica uno degli autori francesi presenti in concorso per tirarmela un po’, ma visto che quest’anno i registi di casa presenti a Cannes sono a me quasi del tutto sconosciuti, avendo visto pochissimo di loro (anche se ad esempio Bruno Dumont è da tempo immemore nella lista di autori che voglio prima o poi recuperare), per onestà intellettuale ho voluto puntare su un ragazzo del Quebec che gli appassionati conoscono bene. Poche presentazioni, Xavier Dolan è l’enfant prodige del cinema mondiale. A ventisette anni ha già sfornato sei film di una complessità e maturità vertiginosa. In realtà per ora di lui ho visto solo il primo film, J’ai tué ma mère e il suo ultimo Mommy, e mi manca tutto il blocco centrale delle sue opere. Ma Mommy è sicuramente il suo film più intenso e compiuto. Data la giovane età e il fatto che finora è sempre andato in crescendo, è lecito aspettarsi che il suo vero capolavoro debba ancora arrivare. Tanto hype quindi per questo Juste la fin du monde, con cui per la prima volta si cimenta con un cast pieno zeppo di star internazionali (Vincent Cassel, Marion Cotillard, Léa Seydoux). Il tema principale è sempre quello, i rapporti famigliari. La storia è tratta da una pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce, considerato il più grande drammaturgo di lingua francese contemporaneo. Nonostante l’accoglienza tiepida di una parte della critica, sono certo che anche questo film vale tutto il prezzo del biglietto (a proposito, sarebbe anche ora di far uscire in Italia tutta la filmografia di Dolan, che ne dite signori distributori?).






3. Sieranevada / Bacalaureat (Graduation)

Un’altra scuola cinematografica europea ben nota agli amanti del cinema d’essai e che io ho imparato ad amare moltissimo è quella romena. La cosiddetta New Wave del cinema romeno si è pienamente rivelata al mondo ormai da una decina d’anni, da quando 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni vinse la Palma d’oro. Da allora molti altri registi romeni ci hanno svelato i lati oscuri del regime di Ceausescu e le contraddizioni della Romania contemporanea, con storie cupe e angoscianti e un taglio registico iperrealista, quasi documentaristico e assai crudo. Quest’anno in concorso a Cannes c’erano in contemporanea due tra i rappresentanti più significativi di questo movimento cinematografico. Cristian Mungiu, dopo i due capolavori 4 mesi e Oltre le colline, torna con Bacalaureat, storia di un padre del ceto medio disposto a tutto pur di assicurare alla figlia, studentessa modello, un futuro fuori dalla Romania. Una storia e un rapporto padre-figlia che ricorda vagamente quello terribile tra madre e figlio de Il caso Kerenes, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino nel 2013. 
Cristi Puiu, uno degli autori più ostici della New Wave romena (i suoi film hanno spesso una durata che rasenta le tre ore, con ritmi molto lenti e pochissimi dialoghi) ha presentato Sieranevada, un film che ruota intorno a una riunione famigliare che a sorpresa sembra essere molto più dialogato, anche se la durata mette ancora una volta a dura prova la resistenza dello spettatore. Ma non c’è niente da fare, le storie crude e spietate che mettono a nudo la miseria e la meschinità umana a me attirano sempre. Quando avrò voglia di una visione che mi lasci tramortito e in preda al pessimismo più nero saprò cosa guardare.










2. The Neon Demon

In assoluto il film più atteso dai cinefili italiani, tra quelli in concorso a Cannes? Probabile. The Neon Demon, di quel pazzoide di Nicolas Winding Refn uscirà tra pochi giorni nei cinema italiani e promette di essere un altro dei deliri sanguinolenti e visionari ai quali il regista danese ci ha abituato. Io vado un po’ controcorrente e dico che il tanto osannato Drive non mi ha fatto impazzire, mentre il criticato Solo Dio perdona, pur non avendomi convinto del tutto, mi ha fatto rivedere il vero Refn, quello di Valhalla Rising per intenderci, film visto a scatola chiusa che è stato per me amore a prima vista.
Cosa avrà combinato questa volta il buon Nicolas, con quello che è stato presentato come un horror femminista ambientato nel mondo della moda, con Elle Fanning protagonista?







1. Toni Erdmann

Eccola qua, la sorpresa assoluta di Cannes di quest’anno. Un film tedesco, di una regista sconosciuta, accolto in maniera entusiastica e dato per favorito alla premiazione e poi lasciato a bocca asciutta dalla giuria. Toni Erdmann di Maren Ade dal trailer e da quello che ho letto sembra essere una discreta figata (almeno per i miei gusti)! Quello che ho capito della trama: una giovane manager tedesca in carriera che vive a Bucarest riceve la visita del padre con il quale non ha un buon rapporto. Il genitore vuole riappacificarsi, ma lei lo caccia. Lui allora assume una nuova identità e incomincia a perseguitarla comportandosi da folle e mettendo in atto una serie di scherzi e burle per mettere in imbarazzo la figlia sul lavoro e in tutte le situazioni della sua vita quotidiana. Il mio jolly per il film strano e fuori di testa dell’anno va a lui.







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